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Gli amminoacidi come ioni dipolari

Anche se si dice comunemente che gli amminoacidi contengono un gruppo am-minico e un gruppo carbossilico (H2NCHRCOOH), alcune loro proprietà, sia chimi-che che fisiche, non concordano con questa struttura:
(a) gli amminoacidi sono solidi cristallini non volatili, che fondono con decom­posizione a temperature molto alte, a differenza delle ammine e degli acidi carbossilici.
(b) Sono insolubili nei solventi apolari come l'etere di petrolio, il benzene o l'etere; sono invece abbastanza solubili in acqua.
(e) Le loro soluzioni acquose si comportano come soluzioni di sostanze ad alto' momento dipolare.
(d) Le costanti di acidità e di basicità sono assurdamente basse per i gruppi —COOH e —NH2. Ad esempio la glicina ha una- Xa = 1,6 x 10~10 e una. Kb = 2,5 x 10"12, mentre la maggior parte degli acidi carbossilici ha una Ka di circa; IO"5 e le ammine alifatiche hanno una Kb di circa IO"4. Tutte queste proprietà concordano perfettamente con una struttura ionica dipolare del tipo I:

' * + H3N—CHR—COO- Amminoacidi: ioni dipolari

Le proprietà fisiche — punto di fusione, solubilità, alto momento dipolare — sono proprio quelle prevedibili per un sale di questo tipo. I valori di acidità e basicità di­ventano logici se si pensa che in realtà la misura della Kb si riferisce all'acidità di uno ione ammonio RNH3+,

Riassumendo, il gruppo acido di un amminoacido semplice come la glicina è —NH3+ e non —COOH, mentre il gruppo basico è —COO- e non —NH2. Bisogna tenere presente che gli ioni II e III, che hanno un gruppo —NHi o un gruppo —COOH libero, sono in equilibrio con lo ione dipolare I; di conseguenza gli amminoacidi danno le reazioni caratteristiche tanto delle acunine che degli acidi car- bossilici. Se lo ione II viene allontanato, ad esempio, per reazione con il cloruro di benzoile, l'equilibrio si sposta in modo da fornire ulteriormente lo ione II fino a che tutto l'amminoacido sia completamente benzoilato. H2HCHRCOO-II + H3NCHRCOCT I +H3NCHRCOOH III Quando ciò sia possibile, si può accelerare una rezione desiderata variando l'acidità o la basicità in modo tale da far aumentare la concentrazione della forma reattiva. Il segno della carica presente su un amminoacido del tipo dell'alanina varia al variare del pH. A bassi valori di pH il segno è positivo, ad alti valori di pH è negativo, mentre vicino alla neutralità lo ione è dipolare. Posto in un campo elettrico, l'amminoacido migra verso il catodo (elettrodo negati­vo] a bassi valori di pH, e verso l'anodo (elettrodo positivo) ad alti valori di pH (fig. 14.2). Ad un valore intermedio di pH, detto punto isoelettrico, l'amminoacido sarà in forma dipolare e avrà una carica complessiva pari a zero. Esso pertanto non potrà migrare verso nessuno dei due elettrodi. Per l'alanina il punto isoelettrico è pH 6,02. Un importante metodo di separazione degli amminoacidi (e delle protei­ne) è l'elettroforesi, che si basa sulle diverse velocità e direzioni di migra­zione in presenza di un campo elettrico a pH controllato.

Le proprietà acido-base degli amminoacidi che han­no più di un gruppo acido o basico

Gli acidi aspartico e glutammico (numeri 14 e 15 nella tabella 14.1) hanno due gruppi carbossilici e un gruppo amminico. In soluzione fortemente acida (bassi pH) i tre gruppi si trovano tutti in forma acida. Man mano che il pH si innalza e la soluzione diventa più basica, ciascun gruppo, uno dopo l'altro, perde un protone. Vengono qui indicati gli equilibri per l'acido aspar­tico con i tre valori di pKa riportati al di sopra delle frecce di equilibrio: HO2CCH2CHCO2H =M!= HO2CCH2CHCO2- èM± -02CCH2CHCO2- =M^ -O2CCH2CHCO2- (u 2] +NH3 +NH3 +NH3 NH2 pH basso ————————————————————————————————————————————————————————————, pH alto
II pH in cui la forma dipolare predomina è perciò molto più basso che nel caso degli acidi monoammino monocarbossilici. I punti isoelettrici per l'acido aspartico e per l'acido glutammico corrispondono all'incirca a pH = 3; si tratta cioè di amminoacidi a reazione acida. La situazione è diversa nel caso degli amminoacidi che hanno due grup­pi basici e un solo gruppo carbossilico

30.5 Configurazione degli amminoacidi naturali

Dalle strutture riportate nella Tabella 30.1 si può notare che tutti gli amminoa­cidi (ad eccezione della glicina) hanno almeno un centro chirale, e infatti si è trovato che tutti gli amminoacidi, ottenuti per idrolisi acida o enzimatica delle proteine (ad eccezione della glicina), sono otticamente attivi. Lo studio stereochimico di questi amminoacidi naturali ha dimostrato che essi hanno tutti la stessa configurazione dell'atomo di carbonio al quale è legato l'cr//iz-amirnnogruppo, e che questa configu­razione è quella della l(—)-gliceraldeide. Dato che il gruppo R ha sempre una prio-"rità inferiore a quella del gruppo COOH, secondo le regole di Cahn-Ingold-Prelog gli amminoacidi hanno la configurazione S (§ 4.16).
CH2OH
L-Amminoacido L-GIiceraldeide
Gli amminoacidi si concatenano nei peptidi e nelle proteine median­te la formazione di un legame ammidico fra il gruppo carbossilico di un amminoacido e il gruppo amminico in a di un altro amminoacido. Emil Fi-scher, che ipotizzò per primo tale struttura, chiamò legame peptidico il le­game ammidico di questo tipo. Una molecola che contiene soltanto due amminoacidi (indicati con il simbolo aa) legati in questo modo prende il no­me di dipeptide:

Peptidi. Geometria del legame peptidico

I peptidi sono delle ammidi formate per interazione tra il gruppo amminico e il carbossile degli amminoacidi; in essi il legame ammidico —NHCO— viene spesso indicato come legame peptidico.
A seconda del numero di amminoacidi che formano la molecola, essi vengono chiamati dipeptidì, tripeptidi e così via fino ai polipeptidi (per convenzione i peptidi fino a un peso molecolare di 10.000 si chiamano polipeptidi, oltre questo valore si chiamano proteine). Per convenzione il legame peptidico viene scritto nella maniera indicata. L'amminoacido che ha un gruppo *NH3 libero viene scritto a sinistra, men­tre l'amminoacido che ha un gruppo CO2~ libero viene scritto a destra. I due amminoacidi vengono definiti, rispettivamente, amminoacido N-terminale e amminoacido C-terminale. Di solito le formule dei peptidi si scrivono in maniera abbreviata, facen­do uso delle abbreviazioni di tre lettere per ogni amminoacido, a partire dall'estremità N-terminale a sinistra. La glicilalanina, ad esempio, viene scrit­ta Gly-Ala, mentre l'alanilglicina Ala-Gly.
. Geometria del legame peptidico: il legame carbonio-azoto ha sensibile carattere di doppio legame; il carbonio carbonilico, l'azoto e gli atomi ad essi legati giacciono in un piano.

Gli studi con i raggi X degli amminoacidi e dei dipeptidi hanno dimostrato che il gruppo ammidico è piano: l'atomo di carbonio carbonilico, l'azoto e i quattro atomi ad essi legati giacciono tutti nello stesso piano. La distanza carbonio-azoto (1,32 A), più corta del normale legame semplice carbonio-azoto (1,47 A), indica che il legame carbonio-azoto ha un notevole carattere di doppio legame (circa il 50%): ne consegue che gli angoli di legame dell'azoto sono simili agli angoli dell'atomo di carbonio trigonale (Fig. 30.1).

Il legame disolfuro

Oltre al legame peptidico, l'unico altro tipo di legame covalente fra gli amminoacidi presenti nei peptidi e nelle proteine è il legame disolfuro che collega due unità di cisteina. Abbiamo visto (par. 124) che i tioli si ossi- • dano con facilità a disolfuri (eq. 7.36): se due unità di cisteina vengono ai trovarsi vicine possono legarsi formando un legame disolfuro. Se le due unità di cisteina si trovano in zone diverse della stessa catena pep-tidica, un ponte disolfuro fra loro provocherà la formazione di un'ansa, o di un ampio anello, nella catena. Se le due unità si trovano su catene diver­se, il legame disolfuro legherà assieme le due catene. Vedremo esempi di entrambe queste possibilità. I legami S—S possono però venire spezzati fa­cilmente da blandi agenti riducenti. Ci occuperemo ora delle principali caratteristiche strutturali dei peptidi e delle proteine. La descrizione può essere fatta a diversi livelli: con mag­giori o minori dettagli. Possiamo limitarci a dire quali amminoacidi sono presenti e quanti di ciascun tipo ce ne sono per ogni molecola di peptide o di proteina. Oppure possiamo dare la loro sequenza nella catena. Possia­mo infine descrivere aspetti più macroscopici della struttura, come la for­ma delle molecole, specificando se si tratta di molecole ad elica, sferiche oppure a strati, ecc. Infine possiamo porci il problema se le molecole si ag­gregano o no fra loro. In genere si fanno quattro diversi tipi di descrizione e si parla perciò di struttura primaria, secondaria, terziaria e quaternaria. Cominciamo dalla struttura primaria.

La struttura primaria dei peptidi e delle proteine

I primi dati che dobbiamo conoscere di un peptide o di una protei­na per essere in grado di risalire alla struttura sono: (1) quali sono gli ammi­noacidi presenti e quanti ce ne sono di ogni tipo; (2) la sequenza degli amminoacidi nella catena. In questo paragrafo descriveremo in breve co­me si può conoscere la struttura primaria.

a. L'analisi degli amminoacidi Per idrolisi completa un peptide o una proteina vengono trasformati in una miscela di amminoacidi. L'idro­lisi viene effettuata in genere riscaldando il peptide o la proteina con HC1 6H a 110°C per 24 ore. Per analizzare la miscela di amminoacidi si deve mettere a punto innanzi tutto un procedimento che permetta di separarli, poi un metodo che permetta di identificarli ed infine un sistema che per­metta di determinare la quantità di ogni amminoacido presente.

b. La scissione selettiva dei legami peptidici Se una proteina con­tiene parecchie centinaia di amminoacidi, conviene idrolizzarne parzialmen­te la catena per avere frammenti più corti dei quali, una volta separati, si può determinare agevolmente la sequenza. Per scindere in modo selettivo le proteine si usano reattivi ed enzimi particolari.

e. La logica della determinazione della sequenza Illustriamo con un esempio specifico il ragionamento che si segue per determinare comple­tamente la sequenza degli amminoacidi in un particolare peptide che contie­ne 30 unità di amminoacido. Innanzi tutto idrolizziamo completamente il peptide, lo sottoponiamo all'analisi degli amminoacidi e troviamo che la sua formula è Ala2ArgAsnCys2GlnGlu2Gly3His2Leu4LysPhe3ProSerThrTyr2Val3. Scopriamo che Pamminoacido N-terminale è Phe. Se la catena è troppo lunga per essere degradata completamente e il problema viene semplificato facendo digerire il peptide con la chimotripsina (scegliamo la chimotripsina perché notiamo che il peptide intero contiene tre Phe e due Tyr e perciò subirà senz'altro la scissione ad opera della chimotripsina). Così procedendo tro­viamo che si formano tre frammenti peptidici, inoltre otteniamo due equi­valenti di Phe e uno di Tyr. Sottoponiamo poi i tre frammenti peptidici alla degradazione e ne ricaviamo le strutture:
A. Leu —Val —Cys —Gly —Giù —Arg —Gly —Phe
B. Val —Asn —Gin —His —Leu —Cys—Gly—Ser—His —Leu —Val —Giù —Ala —Leu —Tyr
27 28 29 30
C. Thr —Pro —Lys —Ala
Figura 14.3. La struttura primaria dell'insulina di bue.
L'insulina è formata da una catena A (colorata nella figura 14.3), che con­tiene 21 unità di amminoacido, e da una catena B (in nero nella figura) che contiene 30 unità di amminoacido. Le due catene sono tenute assieme da due legami disolfuro; la catena A contiene anche una piccola ansa, dovuta a un legame interno disolfuro.




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